Il Monastero, poi Conservatorio di Santa Marta, fu fondato dov’era la Porta del Falcone tra il 1592 e il 1598 per disposizione testamentaria di Simone di Sebastiano Ganucci, che visse e morì a Montopoli; questi lasciò in eredità a quelle Suore Agostiniane di Santa Marta sei poderi dopo aver ottenuto dal Vescovo di Lucca la possibilità d’impiegare nella costruzione del Monastero le pietre delle diroccate chiese di San Martino di Vaiano, Sant’Andrea e San Matteo a Uliveta. Nel testamento affidato a all’Avv. Giovan Maria Langeri (il cui stemma di famiglia diviso orizzontalmente in due parti con sacchi nella parte inferiore si vede ancora oggi scolpito nei corridoi del Conservatorio di Santa Marta) il Ganucci lasciò alla moglie Nannina la casa di abitazione ed i poderi di Mosciano, ordinando che alla sua morte tornassero al Monastero; alla figlia Artemia, suora del Monastero omonimo di Pisa, tra le atre cose, il podere detto “La Pescaia”. Un altro legato fu fatto alla moglie del suddetto Ganucci per la fondazione di una cappellina in Santa Marta, come si legge nel suo testamento del 12 settembre 1598.
Erede di una parte dei beni fu Ludovico di Antonio di Pietro Cardi, detto il Cigoli, con l’obbligo di dipingere una tavola da altare per la chiesa di Santa Marta. Ancora oggi troviamo all’altare maggiore un dipinto rappresentante la “Resurrezione di Lazzaro” con Santa Marta e Maria Maddalena che fu eseguita dal pittore stesso nel rispetto di quanto dettava il testamento della signora Nannina.
Nel 1618 Paolo V concesse alle monache agostiniane di abitare nell’edificio del Ganucci che risultava allora “dotato di tutti i suoi beni immobili”.
Nel 1657 fu terminata l’opera con la costruzione del campanile. Sulle origini delle antiche vicende del Conservatorio si trovano notizie nella storia di Montopoli compilata nel 1860 da Ignazio Donati e da un altro storico montopolese e archeologo, Isidoro Falchi. Le due ricostruzioni non presentano notizie contrastanti ma sono diverse per aspetto storiografico: il Donati, cattolico, ricostruisce i fatti in maniera minuziosa, riportando integralmente documenti e fonti; il Falchi, liberale laico ricostruisce la storia tenendo presente le lotte politiche e ideologiche che c’erano alla fine dell’800.
L’inaugurazione fu fatta alla presenza del Vescovo di Lucca, Alessandro Guiducci il 5 settembre 1619. Finalmente fu realizzato il sogno di avere un monastero per l’istruzione e l’educazione delle fanciulle povere. Nel tempo se lo litigarono in principio il Vescovo di Lucca e il Vescovo di Pisa, poi la Santa Sede ne voleva ripartire le rendite e finalmente ne vennero sostenute le sorti dal Comune di Montopoli nel 1612. Sotto la tutela di questo si conservò fino al 1785, ossia, fino a quando non venne l’epoca delle grandi riforme introdotte da Leopoldo I e così per quasi due secoli. Succeduto a Leopoldo I, il governo francese nell’aprile del 1808 soppresse tutti i conventi religiosi ed anche il Conservatorio di Santa Marta ed il suo patrimonio passò dalle mani del Comune a quello del Demanio. Con la restaurazione nell’anno 1815, il governo Lorenese pensò a riparare all’operato del governo francese. Dal 1880 al 1891 il conservatorio di Santa Marta si sollevò al livello dei primi educandati della Toscana. Il Conservatorio dava all’epoca istruzione ed educazione a molte ragazze. Il locale però minacciava rovina e fu avviato il restauro di tutto l’immobile. Tale intervento modificò in buona parte la fabbrica cinquecentesca, rendendo tuttavia la struttura più adeguata alla necessità dei tempi. Il problema della laicizzazione del Conservatorio era già stato affrontato in passato; nel 1841 c’era stato un primo tentativo di rinnovare l’istituzione e di adeguarla alle necessità della popolazione. Il Ministro dava alcuni suggerimenti su come risolvere il problema e indicava come soluzione l’istituzione di una scuola di lavoro che insegnasse a tessere a altri mestieri. Tale appello non ebbe seguito e si ripropose in occasione della legge di soppressione del 1866; in pratica se si voleva salvare il Conservatorio esso avrebbe dovuto trasformarsi sempre più in una istituzione scolastica e perdere sempre di più il carattere di convento religioso. La direzione e l’istruzione venivano però affidate ancora alle ex Oblate: nell’agosto del 1869 alcune di esse vennero invitate a recarsi a Firenze per seguire le Conferenze Magistrali allo scopo di conseguire il diploma di idoneità per insegnare nei conservatori italiani. Nel 1886 il direttore era un laico. Nel 1896 migliorarono le condizioni economiche dell’Istituto; migliorò anche la situazione didattica con la nomina di una direttrice nominata dal Ministero. Bel 1898 venne rifatto il regolamento cambiando le regole per l’ammissione delle educande. Nel 1932, dopo anni di emergenza, ci fu la rinascita dovuta all’incremento delle presenze nel convitto di fanciulle orfane o figlie di caduti di guerra. Alcune di loro frequentavano le scuole elementari, medie e magistrali. L’Amministrazione del Conservatorio, negli anni trenta del secolo XX, cedette la parte del complesso alle Suore del Divino Amore a risarcimento di un forte debito che il Conservatorio stesso aveva contratto con le suore che dalla metà dell’800 gestivano il Conservatorio. Vennero introdotti insegnanti laici e l’Istituto Magistrale parificato fu dotato di una vasta biblioteca oggi dispersa.
Con l’unità d’Italia l’istituzione fu statalizzata e posta sotto il controllo del Ministero della Pubblica Istruzione. Durante la Prima Guerra Mondiale l’istituto cessò le sue attività per riprenderle nel 1923, in concomitanza con la riforma scolastica dettata da Giovanni Gentile. In quella data furono aperte la nuova Scuola Complementare e l’Istituto Magistrale e, pur mantenendo in vita l’antico educandato femminile, fu aperto l’esternato misto che, col passare del tempo, fu trasformato in sezioni staccate di scuola statale: nel 1953 la Scuola media e nel 1954 l’Istituto magistrale.
Nel 1949 la scuola media e le magistrali da parificate divennero statali. Nel 1953 le suore restaurarono la chiesa. Nel 1966 l’Istituto Divino Amore si è trasferito in altra sede a Montopoli.
Tale attività formativa è arrivata quasi fino ai giorni nostri. Nella chiesa e nel museo del Conservatorio di Santa Marta – aperto nel 2011 in collaborazione con la Diocesi di San Miniato – sono conservate importanti opere d’arte: vi si possono ammirare, infatti, tele, tavole, codici miniati, parati e argenti realizzati da artisti tra i quali spiccano i nomi di Lodovico Cardi detto Il Cigoli, Lorenzo Monaco, Santi di Tito, don Simone Camaldolese.